11:19:00

Ogni volta che siamo obbligati a far uso delle armi inevitabilmente e automaticamente arriva l’avviso di garanzia ed una incriminazione per reato un colposo giustificata dal così detto “atto dovuto”. L’ultimo fatto agli onori della cronaca è accaduto  pochi giorni fa nel napoletano. Un uomo dopo avere ferito la madre in casa ha raggiunto il compagno della donna che si era recato nel commissariato Vicaria di Napoli per denunciare l’accaduto. Lì dopo aver tentato di accoltellarlo alla gola è intervenuto un collega per cercare di  disarmarlo ma è stato raggiunto a sua volta da un fendente alla gamba e mentre l’aggressore stava per sferrargli una seconda coltellata, un altro collega è stato costretto ad intervenire per scongiurare il peggio, sparandolo alle gambe del ragazzo. L’aggressore è stato portato nell’ospedale Vecchio Pellegrini dove a causa della ferita è deceduto. Subito il collega è stato raggiunto dall’ “atto dovuto” con l’incriminazione di omicidio colposo.  

 

 
Questo ha messo in luce per l’ennesima volta che siamo inevitabilmente vittime dell’atto dovuto. Seppur consci del fatto che le ragioni per cui il collega è stato indagato siano prodromiche all’accesso a tutte le garanzie difensive che l’avviso di garanzia fornisce all’indagato, resta inconcepibile che per fatti di servizio, ed ormai accade ogni volta che vi è l’uso delle armi, ci si debba trovare indagati. Non è possibile che sistematicamente non venga fatta alcuna valutazione preliminare per determinare se l’uso sia stato più o meno legittimo. L’atto dovuto non può e non deve diventare un automatismo. L’imputazione, anche per un reato colposo, determina nei confronti dell’operatore di Polizia più importanti conseguenze, sia sotto gli aspetti professionali che di carriera, ma soprattutto obbliga l’operatore a difendersi nel processo penale da solo: deve trovarsi un avvocato, nominare eventuali periti, decidere autonomamente una strategia difensiva e ovviamente pagarsi le spese. È sicuramente prioritario che la verità venga sempre alla luce e che non vi siano dubbi rispetto al nostro operato, ma ripetiamo e ripeteremo allo sfinimento che l’utilizzo dell’atto dovuto non può e non deve diventare  un automatismo. Nessuno, infatti, vuole sottrarsi al pieno accertamento della verità ma siamo stanchi di dover lavorare con questa spada di Damocle sulla testa. Esigiamo di poter svolgere il nostro servizio in sicurezza e con serenità. Il poliziotto agisce per tutelare un interesse pubblico e non un suo interesse privato. Servono chiari protocolli operativi che individuino cosa si può fare, quanta forza può essere usata, quali strumenti possono essere utilizzati e nel caso sussistono scriminanti del reato, come l’uso legittimo delle armi o l’adempimento di un dovere, l’atto dovuto non deve calare sulla testa dell’operatore. Giustamente va fatto tutto il possibile per determinare la verità poichè è indispensabile che vi sia totale trasparenza sul nostro agire ma gli oneri di questo non possono essere caricati sul singolo operare anziché sull’Amministrazione.  Rivolgiamo pertanto un appello al nuovo Governo, in primis al Presidente del Consiglio e al Ministro dell’Interno affinché intervengano al fine di realizzare adeguate “Garanzie funzionali” che ci consentano di svolgere serenamente ed efficacemente la nostra funzione.

LEGGI IL SAP FLASH