Signor Presidente della Repubblica Italiana,
il dettato iscritto negli articoli 1,2 e 3 della nostra Carta Costituzionale nonché la legislazione riguardante i diritti dei lavoratori e le libertà delle organizzazioni sindacali di esprimere il loro pensiero e di svolgere la loro attività istituzionale, consentono al Sindacato Autonomo di Polizia di indirizzare alla Sua persona l’appello dei suoi 19.000 aderenti con il quale chiedono il Suo intervento per il ripristino delle regole democratiche che presiedono alle libertà fondamentali previste dal nostro ordinamento. Tra queste libertà figura anche quella di esternare alla cittadinanza la preoccupazione del Sindacato per tutta una serie di “tagli” alle Forze di Polizia che hanno debilitato l’intero apparato della Sicurezza Pubblica la cui operatività è oggi fortemente compromessa.
Questo diritto-dovere alla pubblica denuncia è stato recentemente negato da una inaudita repressione che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha posto in essere nei confronti del Sindacato Autonomo di Polizia ignorando le sue istanze con sistematica premeditazione.
Questo diritto-dovere è stato calpestato dal Capo della Polizia quando, negando dapprima la verità, ha colpito il dirigente SAP del Commissariato Vescovio con un provvedimento di sospensione dal servizio e una denuncia alla magistratura costruite su falsità evidenti e dimostrabili sol perché si è “osato denunciare l’inadeguatezza dell’armamento ed equipaggiamento in dotazione.
La premeditazione dell’azione repressiva diviene evidente quando il Capo della Polizia colpisce chi le scrive reo di avere indossato in una trasmissione televisiva una “polo” che solo un incompetente poteva identificare quale parte dell’uniforme in dotazione alla Polizia.
Tale violenta repressione delle esercitate libertà costituzionali, nonché le “falsità” contenute negli atti disciplinari che certamente sono il presupposto di quelli giudiziari, non potevano che produrre una formale denuncia nei confronti del Capo della Polizia e del Questore di Roma ed hanno obbligato il ricorso alla legittima forma di pressione dello “sciopero della fame” che sto attuando da 15 giorni.
Una sciopero della fame che va ben oltre le vicende riguardanti il dirigente Sindacale sospeso dal servizio per avere denunciato la “verità” e per una “polo” a cui è stato attribuito un significato che non ha.
Uno sciopero della fame quale necessario e doveroso percorso di mobilitazione per sensibilizzare i cittadini sui gravi danni che una politica non tesa al perseguimento dell’interesse pubblico, come quella attuata dal Governo in tema di sicurezza, sta producendo nelle istituzioni che la devono assicurare.
Signor Presidente. Le donne e gli uomini che tutti i giorni si prodigano per la sicurezza del nostro paese si trovano oggi, più di ieri, in serie difficoltà nello volgere giornalmente la loro professione.
Questa è la verità. Una verità che prima si è tentato di nascondere e che poi, quando è stata portata alla luce, è stata negata con argomentazioni artificiose ove non false.
La mobilitazione mediante lo “sciopero della fame” che è giunto oggi al suo 15° giorno, è una battaglia per la libertà del pensiero e dei diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini ed alle organizzazioni sindacali.
Una mobilitazione che va ben oltre il SAP e sulla quale sI addensa la solidarietà espressa da altre organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato e dei Vigili del Fuoco.°
Un appello, signor Presidente, che la prego di accogliere anche a nome della Presidenza Nazionale, della Segreteria Generale, dell’Esecutivo Nazionale e del Consiglio Generale del SAP che, oggi riuniti a Rimini, qui si sottoscrivono.
Sento infine il dovere di assicurarLe il costante impegno delle donne e degli uomini del SAP a svolgere, sempre e comunque, il loro compito professionale forti di quella “tensione ideale” che guida le azioni di ogni appartenente alla Polizia di Stato.
La prego di accogliere i miei saluti più deferenti.
Gianni Tonelli
il dettato iscritto negli articoli 1,2 e 3 della nostra Carta Costituzionale nonché la legislazione riguardante i diritti dei lavoratori e le libertà delle organizzazioni sindacali di esprimere il loro pensiero e di svolgere la loro attività istituzionale, consentono al Sindacato Autonomo di Polizia di indirizzare alla Sua persona l’appello dei suoi 19.000 aderenti con il quale chiedono il Suo intervento per il ripristino delle regole democratiche che presiedono alle libertà fondamentali previste dal nostro ordinamento. Tra queste libertà figura anche quella di esternare alla cittadinanza la preoccupazione del Sindacato per tutta una serie di “tagli” alle Forze di Polizia che hanno debilitato l’intero apparato della Sicurezza Pubblica la cui operatività è oggi fortemente compromessa.
Questo diritto-dovere alla pubblica denuncia è stato recentemente negato da una inaudita repressione che il Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha posto in essere nei confronti del Sindacato Autonomo di Polizia ignorando le sue istanze con sistematica premeditazione.
Questo diritto-dovere è stato calpestato dal Capo della Polizia quando, negando dapprima la verità, ha colpito il dirigente SAP del Commissariato Vescovio con un provvedimento di sospensione dal servizio e una denuncia alla magistratura costruite su falsità evidenti e dimostrabili sol perché si è “osato denunciare l’inadeguatezza dell’armamento ed equipaggiamento in dotazione.
La premeditazione dell’azione repressiva diviene evidente quando il Capo della Polizia colpisce chi le scrive reo di avere indossato in una trasmissione televisiva una “polo” che solo un incompetente poteva identificare quale parte dell’uniforme in dotazione alla Polizia.
Tale violenta repressione delle esercitate libertà costituzionali, nonché le “falsità” contenute negli atti disciplinari che certamente sono il presupposto di quelli giudiziari, non potevano che produrre una formale denuncia nei confronti del Capo della Polizia e del Questore di Roma ed hanno obbligato il ricorso alla legittima forma di pressione dello “sciopero della fame” che sto attuando da 15 giorni.
Una sciopero della fame che va ben oltre le vicende riguardanti il dirigente Sindacale sospeso dal servizio per avere denunciato la “verità” e per una “polo” a cui è stato attribuito un significato che non ha.
Uno sciopero della fame quale necessario e doveroso percorso di mobilitazione per sensibilizzare i cittadini sui gravi danni che una politica non tesa al perseguimento dell’interesse pubblico, come quella attuata dal Governo in tema di sicurezza, sta producendo nelle istituzioni che la devono assicurare.
Signor Presidente. Le donne e gli uomini che tutti i giorni si prodigano per la sicurezza del nostro paese si trovano oggi, più di ieri, in serie difficoltà nello volgere giornalmente la loro professione.
Questa è la verità. Una verità che prima si è tentato di nascondere e che poi, quando è stata portata alla luce, è stata negata con argomentazioni artificiose ove non false.
La mobilitazione mediante lo “sciopero della fame” che è giunto oggi al suo 15° giorno, è una battaglia per la libertà del pensiero e dei diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini ed alle organizzazioni sindacali.
Una mobilitazione che va ben oltre il SAP e sulla quale sI addensa la solidarietà espressa da altre organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato e dei Vigili del Fuoco.°
Un appello, signor Presidente, che la prego di accogliere anche a nome della Presidenza Nazionale, della Segreteria Generale, dell’Esecutivo Nazionale e del Consiglio Generale del SAP che, oggi riuniti a Rimini, qui si sottoscrivono.
Sento infine il dovere di assicurarLe il costante impegno delle donne e degli uomini del SAP a svolgere, sempre e comunque, il loro compito professionale forti di quella “tensione ideale” che guida le azioni di ogni appartenente alla Polizia di Stato.
La prego di accogliere i miei saluti più deferenti.
Gianni Tonelli