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Editoriale del Segretario Generale Ormai è acclarato il piano del Dipartimento della pubblica sicurezza e dei vertici politici del Viminale: reprimere e intimidire chi, come il SAP, denuncia ogni giorno le carenze di mezzi, strutture ed organici che mettono a rischio l’incolumità dei poliziotti e la sicurezza dei cittadini.
Si vuol colpire uno degli scopi principali del sindacato di polizia che, non avendo diritto di sciopero, ha nell’azione di denuncia il solo mezzo per la tutela dei diritti e degli interessi del personale, compresa la sicurezza sul posto di lavoro.
L’obiettivo è quello di limitare le libertà sindacali delle donne e degli uomini in divisa, in un momento storico in cui la classe politica e di Governo si giocano una partita importantissima in chiave elettorale proprio sulla sicurezza.
Il pesce grosso che si tenta inutilmente di abbattere è il SAP, perché da due anni siamo gli unici a denunciare urbi et orbi la gravissima debilitazione dell’apparato della sicurezza, colpito dagli scellerati tagli della spending review. Un gioco al massacro che fa leva anche sull’acquiescenza della nostra classe dirigente e della consorteria, di quel sindacato “giallo” prono alle volontà del potentato politico o sindacale di riferimento, in cambio di un piatto di lenticchie.
Dopo aver accusato falsamente e sospeso ingiustamente un nostro rappresentante sindacale per aver mostrato in tv a Ballarò un giubbotto antiproiettile scaduto e soprattutto in uso ora si tenta colpire il Segretario Generale del secondo sindacato della Polizia di Stato.
Un incarico che ho l’onore e l’onere di ricoprire dal 2014 dopo un congresso che mi ha eletto all’unanimità e col totale consenso della comunità interna, corroborato in questi due anni dalla nostra azione e dalle nostre denunce. Il pretesto per questa proposta di sanzione disciplinare, che mi è stata notificata in Questura a Bologna nei giorni scorsi e che è stata formalmente sollecitata dal prefetto Mazza Direttore delle Risorse Umane, è la mia partecipazione al programma “IN MEZZORA” condotto da Lucia Annunziata - per altro direttrice di Huffington Post - lo scorso 22 novembre quando, in diretta tv, ho indossato una polo a prova di “cretino” affermando fosse, per contro, una parte della nostra divisa. Avete capito bene? Questo mi è stato contestato. Tutti i telespettatori hanno compreso che si trattava di una polo personalizzata Sap, con un evidentissima scritta completa di logo scoppiò la parola Polizia visto che la P sta per polizia e non per portieri o portantini, con tanto di alamari forniti di bottoni azzurri col logo del nostro sindacato e con una scritta “I  LOVE POLIZIA”, lunga 28 centimetri e larga 4 con, ricamato al centro, un bellissimo cuore rosso.
Per altro, questa polo di mia proprietà - acquistata a libero mercato - è tessuta in materiale differente da quelle dell’Amministrazione, in puro cotone non in fibra sintetica e soprattutto sarebbe bastata una semplice verifica del mio libretto di equipaggiamento per capire che mai il Veca, mi ha fornito polo della polizia.
Gli elementi fondanti della seguente nota a firma Mazza e alla base della contestazione disciplinare sono non veritieri: “... indossava una polo facente parte del vestiario in uso alla a Polizia di Stato (con la presenza degli alamari sul bavero dell’indumento, la scritta “Polizia” e con l’unica variante che sul velcro ove si applica il distintivo di qualifica, era apposta la denominazione SAP”. Come dimostrano in maniera inequivocabile le foto pubblicate e soprattutto il filmato della trasmissione si tratta di una bufala colossale e pretestuosa. Una baggianata partorita male e che finirà peggio, pensata al solo scopo di intimidire, ma che non produrrà alcun effetto.
Anzi, un effetto lo ha già prodotto: anche in queste ore la comunità interna - basta dare un’occhiata ai social network - si sta sollevando contro questa decisione.
Non è con la repressione della verità e di chi se ne fa portatore che si possono amministrare gli interessi di una comunità. Queste cose non fanno bene né alla Polizia né all’Italia e, comunque, non ci faremo chiudere la bocca.